lunedì 30 novembre 2015

Recensione Starred Up

VOTO: 8,5/10


Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli, ma la redenzione si può raggiungere nella convivenza all'inferno.






TRAILER:



Sceneggiatura: Jonathan Asser
Durata: 1h46m
Genere: Drammatico
Anno: 2013
Nazione: Regno Unito

Un film sensazionale, praticamente sconosciuto e probabilmente mai passato nelle sale italiane (purtroppo) che mi sento di consigliare a chi ama i prison movies, come il pluripremiato Bronson, in primis e per chi vuole passare due ore di qualità con una delle migliori rivelazioni del 2013.
La trama è estremamente semplice: il diciannovenne Eric Love viene trasferito in un carcere inglese per scontare una pena solamente accennata nella narrazione (forse un omicidio), nel quale incontrerà il padre, temuto galeotto e rispettato boss all'interno delle celle. Il rapporto tra i due personaggi si fa subito conflittuale, il disagio che emerge nella convivenza forzata della "famigliola" da sfogo ad una scia di violenza che non si sarebbe mai arrestata se non per merito di un volontario che gestisce un corso per la gestione della rabbia, corso che il protagonista è tenuto a frequentare per la salvaguardia della vita dei vari "dannati" nel microcosmo della prigione dove ogni crimine all'interno di essa, rispetto alla vita all'esterno, sembra essere aumentato e pesino premiato in certi momenti. Il rapporto dunque, sempre e in ogni minuto di proiezione conflittuale, è scandito dalle visioni antitetiche del padre e del figlio: il primo che cerca di ricucire i rapporti, ma prova un amore distorto per il giovane, il secondo invece che tenta invano di stare il più lontano possibile dalla figura paterna, pur sentendo il bisogno impellente di un mentore all'interno di un luogo ostile dove il rispetto si ottiene unicamente con i pugni. Dunque la conciliazione tra i due appare sempre impossibile come del resto la rieducazione del protagonista, sempre ostacolata dalla presenza e dall'autorità che il genitore esercita sui vari personaggi che entrano in scena nello scorrere di una pellicola che di per se potrebbe sembrare priva di ritmo e pesante, contando che le scene sono girate in quattro stanze a dir tanto, ma che attraverso un montaggio ben ritmato, una fotografia quasi sgranata e l'incredibile realismo della messa in scena, il regista crea un capolavoro che nel suo passo narrativo lento e per nulla esuberante ricorda lo stile del migliore Ken Loach
Il finale è girato e sceneggiato in maniera impeccabile e gli ultimi minuti di questo racchiudono due interessanti climax opposti. Il primo, rabbioso e violento con scene in montaggio alternato che conferiscono alla trama una potenza riscontrabile in pochi film del genere e secondariamente quello "post-apocalittico", di quando ormai, usciti dall'inferno non resta altro che darsi un abbraccio senza braccia, poiché bloccate dietro le rispettive schiene da delle manette, guardarsi negli occhi e sentirsi dire dal genitore la frase che si aspettava ormai da diciannove anni: "Sono fiero di essere tuo padre". Ma ormai è troppo tardi, rimane solo la soddisfazione e la gioia di essersi sentiti utili nel mondo e aver raggiunto un traguardo tanto agognato mentre una lacrima carica di addio scorre sulle facce livide di tristezza e di botte del padre e del figlio.
In conclusione posso affermare che questa pellicola sia una delle migliori che il cinema britannico abbia mai sfornato nell'ultimo decennio, con un Jack O'Connell (famoso tra i ragazzi della mia generazione per il ruolo del ribelle Cook nella serie TV Skins) insuperabile, tematiche complesse e articolate trattate con il giusto peso pur parlando di cose semplici che si ritrovano molto con film quali 16 Years of Alcohol e un'affascinante narrazione intimista, nonostante i personaggi siano tutti ben strutturati e alla fine non si proverà certo simpatia per qualcuno, che va contro a capolavori come Nel Nome del Padre dove l'enfasi veniva utilizzata per innalzare il valore dell'argomento IRA.
Insomma un gran bel film, con una gestione degli attori e dei colpi di scena sopraffina, particolari importanti per il genere claustrofobico dei prison movie. Unica pecca la quasi totale assenza della colonna sonora che avrebbe potuto far ergere ancor più questo capolavoro nell'Olimpo del cinema.








IMMAGINI DAL FILM:



















Buona visione...