venerdì 4 marzo 2016

Recensione Spotlight


Liberaci dal male, oh, Informazione








TRAILER:




Regia: Tom McCarthy
Sceneggiatura: Tom McCarthy e Josh Singer
Cast: Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Michael Keaton, Liev Schreiber, John Slattery, Stanley Tucci, Brian d'Arcy James, Billy Crudup
Durata: 2h9m
Genere: Drammatico
Anno: 2015
Nazione: Stati Uniti

Notte del 28 febbraio. Ci troviamo in uno scenario raccapricciante: quello dei premi Oscar. Una data che verrà ricordata come il giorno in cui si è commesso un duplice crimine ai danni di due pellicole, eccessivamente bistrattate (ma non troppo visti i premi), che avrebbero dovuto trionfare in maniera assoluta nello scenario degli Academy. Due dei registi più influenti della scena cinematografica vittime di uno sporco complotto ordito dal potere della grande distribuzione. Quentin Tarantino (The hateful eight) e George Miller (Mad Max: fury road) non hanno avuto ciò che si meritavano: il monopolio totale sulle tanto agognate statuette.
Ma ecco che in questo clima di meschini sotterfugi si nota un bagliore in lontananza, bagliore che mette in evidenza due tra i tesori più ambiti da ogni cineasta (miglior film e miglior sceneggiatura) e se li aggiudica, facendo rodere non poco il fegato a Inarritu e al suo dibattuto Revenant. Lo "spotlight" appunto, la grande sorpresa dell'anno, che nel momento della sua prima visione ha provocato in me sentimenti talmente distanti e forti da lasciarmi un grande vuoto nel profondo. Ne rimasi al contempo estasiato, per quanto riguarda la messa in scena, e trafitto all'animo da quanta potenza espressiva e drammatica venga emanata da una trama che non può che essere definita sprezzante, tagliente e cruda; il paradiso nel cuore dell'inferno.
La storia è semplice: una divisione del Boston Globe, quotidiano di spicco d'oltreoceano, si trova a doversi occupare di un'indagine, propriamente quella riguardante l'insabbiamento di una gran moltitudine di prove riguardanti casi di abuso perpetrati da personaggi di spicco e non della chiesa cattolica bostoniana, inizialmente, e americana col proseguire della narrazione. Non mi sento di dover dire altro in questo ambito se non: "guardatelo con attenzione e fatelo vostro". Questo film non farà altro che entrarvi nel cuore da quanta sofferenza esprime, così come le testimonianze delle vittime sono entrate dentro ai personaggi che ad un certo punto del film diranno di non essere neppure riusciti ad assistere alla messa domenicale e, anche se fedelissimi, la loro visione della religiosità verrà messa a dura prova.
Si riscontrano in quest'opera scene ad alto carico emotivo, ma non forzato per compiacere il pubblio come quello notato nel film che al momento sta andando per la maggiore in sala: The Danish girl, ma un'emotività frutto della grande crudezza che il regista ha voluto offrire senza mezzi termini al pubblico; come del resto la stessa inchiesta fece proponendo ai lettori un così vasto repertorio di atrocità, meritandosi tra l'altro il premio Pulitzer nel 2001. Dialoghi gestiti alla perfezione, si accavallano alle peripezie dei giornalisti in cerca di informazioni da chiunque possa darne. Le trovano, ma la conoscenza ha un prezzo: entreranno in profonda empatia con gli abusati e soffriranno come loro di una "violazione spirituale", citando le parole di un personaggio.
Parlando appunto di personaggi è immediato notare il cast stellare che ci viene proiettato di fronte; attori magistrali per performance magistrali, ecco come si presenta Spotlight. Ruffalo e Keaton dominano la scena, Schreiber incanta nella sua compostezza e la McAdams lascia esterrefatti.
McCarthy con questa sua ultima opera riesce a dar vita ad un film che è estremamente fincheriano nella sua componente thriller e la fotografia profondamente asettica, fatta da inquadrature per lo più fisse e dalla forte presenza di zoomate, in modo tale da farci concentrare più sul vissuto dei giornalisti che sul caso in sé. Un film umanissimo dotato di un montaggio veramente raffinato e posato che mi sento di consigliare a tutti e che sono sicuro che vi lascerà stupiti e addolorati, aprendovi forse uno spiraglio di luce, uno "spotlight" sul marcio che si insidia dove dovrebbe regnare il Bene.
(vi invito a porre l'attenzione soprattutto su tre scene: quella del dialogo tra Mark Ruffalo e Rachel McAdams, il sermone del vescovo dopo la caduta delle torri gemelle, che è forse il modo più azzeccato per mostrare l'ipocrisia della Chiesa e la scena in cui l'anziano giornalista scopre chi realmente è il suo vicino di casa)




IMMAGINI DAL FILM:







Buona visione...

venerdì 15 gennaio 2016

Mini recensione: The Signal

VOTO: 8

Con mini recensioni intendo riproporre al lettore ciò che era presente sul mio vecchio blog, ormai chiuso, ma comunque ricco di vari pareri cinematografici dei quali voglio rendervi partecipi



TRAILER:


Genere: Fantascienza
Anno: 2014
Durata: 1h37m
Nazione: Stati Uniti

Commento:
Incredibile, appassionante e travolgente. La nuova fantascienza per ragazzi fatta da ragazzi: il cast giovanissimo supera la sfida e si dimostra all'altezza di una pellicola che rivoluziona il mondo dello sci-fy. Il budget limitato di 4 milioni di dollari è più che sufficiente a creare un mix tra un road movie e un giovane Interstellar. La fotografia eccellente meraviglia e il ritmo narrativo scandito per questi 95 minuti non può che affascinare il pubblico. Non riesco a trovare una pecca in questo film se non per il finale un po' troppo aperto, ma degno di nota e mai visto prima. Non mi sbilancio nel dire che The signal è un film quasi cronenberghiano nella trasformazione fisica e mentale dell'individuo; l'umano e la macchina, fusi insieme per un lungometraggio spettacolare. L'indipendente (o quasi) che può sbaragliare la concorrenza di genere, peccato che in Italia sia passato quasi in sordina. Merita davvero la visione, più e più volte; il prossimo cult fantascientifico, che consiglio vivamente agli appassionati.




Buona visione...

mercoledì 13 gennaio 2016

Recensione: Il Ponte delle Spie

Spielberg e i fratelli Coen, un connubio perfetto

"Mi odieranno tutti però almeno perderò"





TRAILER:


Sceneggiatura: Joel ed Ethan Coen
Durata: 2h21m
Genere: Thriller
Anno: 2015
Nazione: Stati Uniti

Prima di iniziare la recensione vera e propria vorrei fare un appunto su Spielberg. Essenzialmente lo considero il regista che per quanto riguarda la tecnica, al momento, non ha rivali. Ha girato sì dei flop (vedi gli ultimi due Indiana Jones), ma tralasciando qualche piccola pecca nella sua carriera, riesce sempre a distinguersi nello scenario cinematografico mondiale per il suo talento. Detto questo passiamo a stuzzicare i fan del regista, quelli che lo considerano un dio sceso in terra, perfetto, senza una sbavatura. Non è così; i problemi di fondo delle sue opere sono due e a parer mio e molto vistosi: l'eccessiva retorica che si sostituisce pian piano alla narrazione, il che rende il film troppo "smielato" e sempre volto a premere quei tasti emotivi che magari sullo spettatore più giovane o suggestionabile funzionano, ma che infastidiscono l'occhio attento di chi segue il cinema con vero spirito critico, "Il colore viola" ne è l'esempio perfetto. In secondo luogo si può notare che molto spesso vi sono cali di stile nello scorrere della trama, con elementi superflui che non fanno altro che danneggiare la visione della pellicola. Gli esempi che voglio riportare sono: "Jurassic Park - Il mondo perduto" e "A.I. Intelligenza artificiale", ma se ne potrebbero riscontrare degli altri (come del resto la scelta di produrre molti dei film di Michael Bay). Mentre nel primo si compie la discutibilissima scelta di portare in città un dinosauro vivo (e vorrei ripeterlo fino allo sfinimento: dinosauro!), essendo comunque consci di ciò che successe al parco in precedenza, nel secondo oltre ad un finale che lascia lo spettatore in uno stato di inutile confusione, perde di stile narrativo dopo i primi quaranta minuti; si passa infatti da una messa in scena e da atmosfere kubrickiane ad uno Spielberg che, sempre secondo una mia idea, tenta sempre di fare il più del dovuto con decisioni che appaiono forse completamente chiare unicamente al regista stesso.
Detto ciò io riconosco assolutamente l'abilità del cineasta, ma non prendo per oro tutto ciò che esce dalla sua macchina da presa, cosa che in molti, lodando il loro gran maestro, fanno senza riflettere che non è la perfezione fatta a persona e i suoi grandi sbagli li ha commessi e probabilmente li commetterà. In sostanza dunque per questa recensione non pubblicherò il classico voto al film per un semplice motivo: da Steven Spielberg ci si aspetta la perfezione, cosa che normalmente non raggiungerà mai, ma identificare l'opera di un regista così amato con un numero che per i fan sarebbe comunque troppo basso verrebbe sicuramente considerata un'eresia.

Passiamo ora alla recensione...

Come si sarà dedotto dall'intestazione lo considero un film affascinante, ricco di spunti sociali e filosofici come il rapporto con l'estraneo, riconducibile al pensiero e, più nel dettaglio, in un frammento di Eraclito che, paradossalmente come il rapporto umano che si instaura lungo la vicenda messa in scena, così recita: "Noi viviamo la morte di quelli e quelli vivono la morte nostra". Infatti, intorno a questa frase si può benissimo ricostruire lo scenario storico in cui è posta la narrazione: la Guerra fredda.
L'odio tra le due potenze mondiali dell'epoca, USA e URSS, sfocia in una questione di spionaggio e da questo tutte le conseguenze che comporta il lavoro della spia, compresa la cattura da parte dello stato nemico.
La storia si sviluppa infatti dall'arresto del presunto 007 sovietico Rudolf Abel (Mark Rylance) che, intento a dipingere il suo autoritratto, oggetto che acquisirà il valore di macguffin hitchcockiano, viene sorpreso in casa e poi scortato in carcere da un manipolo di funzionari governativi. Da qui il grande processo, affidato all'avvocato assicurativo James Donovan (Tom Hanks), inizialmente contario al ruolo di finto difensore dell'imputato, ma che in seguito, dopo aver visto non più un nemico, ma un uomo in Abel, sceglie di difenderlo a spada tratta, attirando così su di sé l'odio del popolo statunitense. Nel frattempo, con delle sensazionali scene in montaggio alternato (si noti anche l'elemento delle due monete appartenenti alle spie) e per questo ringrazio la mano dei Coen, l'esercito americano decide di inviare in ricognizione degli aerei militari nei cieli della Russia e da qui una nuova cattura, quella del soldato statunitense Francis Powers (Austin Stowell).
La scelta più logica è quella di trattare con il governo sovietico per uno scambio e con quello tedesco per il rilascio, nel primo caso del militare, nel secondo di uno studente americano arrestato alle porte del muro di Berlino. Mai si sarebbe aspettato Donovan di dover fare da mediatore, men che meno di essere obbligato a recarsi in terra straniera per questo. L'inquadratura si sposta pertanto nel luogo centrale del conflitto, una Berlino distrutta dalla guerra e schiacciata dalle due superpotenze che vogliono riavere indietro i propri uomini donde evitare che svelino le rispettive informazioni segrete.
Da qui tutte le vicende, tra avvocati e funzionari che si intrecciano nella trama, fino ad arrivare allo scambio, scambio che Donovan esige che sia del sovietico con i due americani; infatti dimostra di essere il più umano fra tutti, volendo salvare la vita a due uomini (tre con Abel) e non unicamente ad una spia "amica". Lo scambio avviene e prima di salutarlo per sempre, Abel gli lascia il suo autoritratto e l'avvocato finalmente "diventa ciò che era destinato ad essere" dal contatto con l'altro: l'eroe, l'uomo e il punto iniziale per uno sviluppo fondato sulla convivenza civile tra due mentalità contrastanti, ma che da quella gelida notte tedesca inizieranno a fare i primi passi verso la pace.
Spielberg in questa pellicola si supera e il merito è anche dei fratelli Coen che giocano con i movimenti di macchina e che sfruttano parte della loro classica ironia (ovviamente non al pari di Fargo) per smorzare la tensione che altrimenti avrebbe reso la vicenda narrata eccessivamente noiosa per il pubblico, ma che non cade in banalità, le quali avrebbero alleggerito il giusto peso che è stato dato all'opera. La sorpresa inoltre è un altro punto essenziale all'interno del film e questa si ha sfruttando le due scene, contrapposte, in treno; veramente spettacolari a parer mio. Si potrebbe parlare per ore della fotografia e della messa in scena, basti dire che in questo caso sono sensazionali e a tratti cupe, quasi a ricalcare un noir anni '70.
In conclusione Il ponte delle spie è consigliatissimo e se non dovesse essere più reperibile al cinema, l'acquisto della copia fisica in questo caso è più che giustificato dal fatto che raramente vengono proposti certi esempi di cinema con tematiche e caratterizzazioni dei personaggi (per lo meno quelli principali), come del resto interpretazioni, così eccellenti. Spero di vedere più spesso uno Spielberg del genere e attendo con ansia il prossimo lavoro dei Coen, tre geni che finalmente hanno lavorato a sei braccia per creare un piccolo capolavoro moderno tratto da fatti relamente accaduti.







IMMAGINI DAL FILM:
























Buona visione...

lunedì 30 novembre 2015

Recensione Starred Up

VOTO: 8,5/10


Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli, ma la redenzione si può raggiungere nella convivenza all'inferno.






TRAILER:



Sceneggiatura: Jonathan Asser
Durata: 1h46m
Genere: Drammatico
Anno: 2013
Nazione: Regno Unito

Un film sensazionale, praticamente sconosciuto e probabilmente mai passato nelle sale italiane (purtroppo) che mi sento di consigliare a chi ama i prison movies, come il pluripremiato Bronson, in primis e per chi vuole passare due ore di qualità con una delle migliori rivelazioni del 2013.
La trama è estremamente semplice: il diciannovenne Eric Love viene trasferito in un carcere inglese per scontare una pena solamente accennata nella narrazione (forse un omicidio), nel quale incontrerà il padre, temuto galeotto e rispettato boss all'interno delle celle. Il rapporto tra i due personaggi si fa subito conflittuale, il disagio che emerge nella convivenza forzata della "famigliola" da sfogo ad una scia di violenza che non si sarebbe mai arrestata se non per merito di un volontario che gestisce un corso per la gestione della rabbia, corso che il protagonista è tenuto a frequentare per la salvaguardia della vita dei vari "dannati" nel microcosmo della prigione dove ogni crimine all'interno di essa, rispetto alla vita all'esterno, sembra essere aumentato e pesino premiato in certi momenti. Il rapporto dunque, sempre e in ogni minuto di proiezione conflittuale, è scandito dalle visioni antitetiche del padre e del figlio: il primo che cerca di ricucire i rapporti, ma prova un amore distorto per il giovane, il secondo invece che tenta invano di stare il più lontano possibile dalla figura paterna, pur sentendo il bisogno impellente di un mentore all'interno di un luogo ostile dove il rispetto si ottiene unicamente con i pugni. Dunque la conciliazione tra i due appare sempre impossibile come del resto la rieducazione del protagonista, sempre ostacolata dalla presenza e dall'autorità che il genitore esercita sui vari personaggi che entrano in scena nello scorrere di una pellicola che di per se potrebbe sembrare priva di ritmo e pesante, contando che le scene sono girate in quattro stanze a dir tanto, ma che attraverso un montaggio ben ritmato, una fotografia quasi sgranata e l'incredibile realismo della messa in scena, il regista crea un capolavoro che nel suo passo narrativo lento e per nulla esuberante ricorda lo stile del migliore Ken Loach
Il finale è girato e sceneggiato in maniera impeccabile e gli ultimi minuti di questo racchiudono due interessanti climax opposti. Il primo, rabbioso e violento con scene in montaggio alternato che conferiscono alla trama una potenza riscontrabile in pochi film del genere e secondariamente quello "post-apocalittico", di quando ormai, usciti dall'inferno non resta altro che darsi un abbraccio senza braccia, poiché bloccate dietro le rispettive schiene da delle manette, guardarsi negli occhi e sentirsi dire dal genitore la frase che si aspettava ormai da diciannove anni: "Sono fiero di essere tuo padre". Ma ormai è troppo tardi, rimane solo la soddisfazione e la gioia di essersi sentiti utili nel mondo e aver raggiunto un traguardo tanto agognato mentre una lacrima carica di addio scorre sulle facce livide di tristezza e di botte del padre e del figlio.
In conclusione posso affermare che questa pellicola sia una delle migliori che il cinema britannico abbia mai sfornato nell'ultimo decennio, con un Jack O'Connell (famoso tra i ragazzi della mia generazione per il ruolo del ribelle Cook nella serie TV Skins) insuperabile, tematiche complesse e articolate trattate con il giusto peso pur parlando di cose semplici che si ritrovano molto con film quali 16 Years of Alcohol e un'affascinante narrazione intimista, nonostante i personaggi siano tutti ben strutturati e alla fine non si proverà certo simpatia per qualcuno, che va contro a capolavori come Nel Nome del Padre dove l'enfasi veniva utilizzata per innalzare il valore dell'argomento IRA.
Insomma un gran bel film, con una gestione degli attori e dei colpi di scena sopraffina, particolari importanti per il genere claustrofobico dei prison movie. Unica pecca la quasi totale assenza della colonna sonora che avrebbe potuto far ergere ancor più questo capolavoro nell'Olimpo del cinema.








IMMAGINI DAL FILM:



















Buona visione...

mercoledì 12 agosto 2015

Mini Recensione American Sniper

VOTO: 8/10


Con mini recensioni intendo riproporre al lettore ciò che era presente sul mio vecchio blog, ormai chiuso, ma comunque ricco di vari pareri cinematografici dei quali voglio rendervi partecipi





TRAILER:

Anno: 2014

Genere: Biografico




COMMENTO:
Ad essere sincero mi aspettavo qualcosa in più da questa pellicola dell'ormai giunto 2015 e premetto che non mi ero precedentemente informato della storia di Chris Kyle, quindi non sapevo sinceramente cosa stavo per visionare. Di per sé è un buonissimo film biografico, Eastwood alla regia crea in toto l'ambiente della guerra con tutti i suoi retroscena più oscuri, ma credo che delle scelte come i due flashback che si ricollegano alla trama "vera e propria" della parte medio - finale lascino lo spettatore, considerando la pellicola interamente, leggermente disorientato se non annoiato per la prima parte. Al di là del ritmo quel poco altalenante, i 132 minuti dell'opera affascinano mirevolmente chi si presta alla visione di essa, merito di una fotografia efficace e di un Bradley Cooper magistrale nell'interpretazione del "cecchino più letale degli Stati Uniti".
Pecca considerevole a mio avviso è stata la scarsa indagine psicologica dei personaggi, che il regista ha preferito far parlare con le loro azioni; infatti i dialoghi se pur presenti in gran numero e di discreta qualità, sono ridotti all'essenziale, preferendo dunque le immagini suggestive e i gesti alla pura voce.
Sarà che su un film biografico non era facile scavare a fondo negli animi dei personaggi e che l'intreccio sia per certi attimi lievemente zoppicante, però al di là di questi trascurabili difetti il film merita di essere guardato, preferibilmente al cinema per l'effetto sonoro dei colpi che a ripetizione fanno sobbalzare ogni volta il cuore in un mix di suspense e timore, per delle interpretazioni di valore non trascurabile e per una grande ricchezza di immagini ed effetti speciali; seppur in battaglia un cecchino è immobile su di un tetto isolato da quello che è lo scontro nel suo vivo.
Sicuramente non deluderà nessuno, come non in molti grideranno al capolavoro e il finale inaspettato, sia nella storia che nella realizzazione, lascerà di certo a bocca aperta.










Triple sci-fi review: Terminator Genesys, Ex Machina, Predestination

Terminator Genesys: 4/10

Ex Machina: 7/10

Predestination: 7.5/10


Versus fantascientifico sulle ultime uscite in sala del genere













TRAILERS:















Scheda Terminator Genesys:

Anno: 2015

Genere: Fantascienza

Durata: 2h6m

Regia: Alan Taylor



Scheda Ex Machina:

Anno: 2015

Genere: Fantascienza

Durata: 1h50m

Regia: Alex Garland



Scheda Predestination:

Anno: 2014

Genere: Fantascienza

Durata: 1h37m





Recensione:

Rieccoci a distanza di quasi un mese non più con una semplice recensione, bensì con tre, raccolte in un unico post. Il motivo? Sicuramente influisce su di me la poca voglia di scrivere durante questa calda estate, inoltre mi sono accorto che fino ad ora ho recensito solo fim di fantascienza, quindi per comodità ho preferito raccogliere i miei pensieri su queste ultime pellicole uscite in sala cercando di consigliarvi il migliore ed evitare (come la peste) il peggiore della terna. Dunque bando alle ciance e cominciamo il versus.

Con Terminator Genesys siamo giunti ormai al quinto capitolo della saga robotica più adorata dalla generazione precedente e ahimè se con Terminator Salvation la qualità era calata in maniera spropositata, fatta eccezione per un ottimo Christian Bale. Questa volta invece abbiamo toccato il fondo e ora cerco di spiegarvi le mie ragioni:
Prima di tutto la scelta registica. Alan Taylor per quanto abbia fatto il suo discreto dovere in Thor: The Dark World qui fa diventare Terminator simile, nel senso più negativo del termine; il robot assassino può essere inserito benissimo in un cinecomic della Marvel Studios, tra una fotografia ultra patinata e una comicità spiccia e a dir poco infantile che danneggia irrimediabilmente un'opera che si prestava ad essere un ottimo sequel con la distorsione del primo capitolo verso un altro sviluppo narrativo.
Si arriva poi ad un'ulteriore parte dolente: gli attori, o meglio l'Attore. Arnold non è più quello che conosciamo, non che sia ottimo nel suo lavoro, ma qui si rasenta l'incapacità: espressioni forzate e la vecchiaia che avanza favoriscono una delle peggiori interpretazioni che io abbia mai visto in vita mia. Vale quasi lo stesso per il novello John Connor e per, mi duole dirlo, Jason Clarke. Però qualcosa di buono lo si trova nel cast (e con buono intendo che è almeno di livello superiore ai tre citati in precedenza): Emilia Clarke se la cava insomma; la preferisco sicuramente nei panni di Daenerys Targaryen, ma diciamo che in questo film non è da buttare.
Potrei andare avanti per ore a parlare di questo insulto al cinema non ricavandoci nulla di veramente buono; mi limito a dire che la trama è veramente ma veramente scontata e se si mette in confronto con le altre pellicole di cui parlerò oggi, mi dispiace per T-800, ma non potrà mai reggere il confronto.

Con Ex Machina invece saliamo decisamente di livello. La trama è strutturata in maniera molto semplice: un dipendente e programmatore del più grande motore di ricerca al mondo vince un concorso per collaborare per una settimana con il fondatore della compagnia. Si ritroverà catapultato in un ambiente fortemente claustrofobico per testare un'intelligenza artificiale, Ava, che si rivelerà più umana che robotica. Voglio assolutamente evitare spoiler in quanto ritengo che valga veramente la pena prendere in visione il film, perciò non narrerò degli sviluppi al suo interno. Quello che posso dire è che per quanto la fotografia, il montaggio e le sequenze siano girate molto bene (seppur degli errori di inesperienza siano presenti ovviamente), ciò che da forza alla pellicola è il rapporto umano-macchina che si instaura tra il protagonista e l'androide. A questo punto qualcuno potrebbe dire che questo si può benissimo trovare in altre opere del passato, ma in Ex Machina oltre ad esserci il tema della necessità di vita e di fuga del robot è presente anche l'incapacità di comprendere dell'uomo; da una parte il capo che vede le sue creature come puri strumenti sostituibili e disattivabili, dall'altra il protagonista che si trova di fronte all'ignoto e si interroga addirittura sulla propria umanità confrontata con "quella" di Ava.
Trovo inoltre le interpretazioni degli attori incredibili, anche se il personaggio del genio ribelle risulta estremamente sforzata per ciò che è stato in grado di fare (opinione mia eh, questo non intacca assolutamente l'opera); per il resto i personaggi sono azzeccatissimi e sono molto curioso di vedere buona parte del cast nell'ultimo capitolo di Guerre Stellari.
Ora vi chiederete, perché ho dato solo 7/10 a questo film? La risposta può essere ricercata in un finale eccessivamente ampio, risultato di una successione di eventi che poteva essere gestita in maniera differente riscuotendo un risultato maggiore (so che ci capirete poco o niente ma non voglio rovinarvi la visione), da quegli errori registici prima citati e da un non sufficiente studio della psicologia dei personaggi che, allungando leggermente la durata della pellicola avrebbe reso Ex Machina il vincitore di questa sfida a tre.

Dal mio punto di vista dunque il vincitore, come avrete già capito, è Predestination, film australiano con un cast incredibile che si destreggia di fronte alla cinepresa in maniera superba. I fratelli Spierig danno vita così ad una storia di viaggi nel tempo, ricca di colpi di scena che terranno sicuramente qualsiasi spettatore incollato allo schermo. Anche qui sarebbe meglio evitare spolirer in quanto il film è costruito ad incastri e a loop che ricorrono per tutta la durata di esso, dunque guardatevelo, comprate il blue-ray o noleggiatevelo perché ne vale assolutamente la pena. I punti di forza sono ovviamente la trama: un agente temporale che cerca di sventare continui attacchi terroristici di un misterioso latitante rinominato dalla società Fizzle Bomber e per farlo chiede aiuto ad una ragazza conosciuta nel passato il cui futuro sarà l'essenza del film stesso. Oltre a questo la sceneggiatura fa un lavoro titanico: l'opera è infatti concentrata su di un discorso tra i due protagonisti e mantenere l'attenzione viva in questi momenti non è certo semplice. Dunque non annoia, fatta eccezione per qualche spiegone di troppo; evitabile sì, ma non così scontato come sembrerebbe. Però non è certamente perfetto e quando la fotografia è così pretenziosa gli errori capitano, in particolare ho notato una sorta di pluristilismo tra una scena e l'altra, cosa che certamente non mi fa impazzire ma che non rovina di sicuro l'opera. Beh sì il 7.5/10 potrebbe anche essere riduttivo, ma non credo che possa arrivare a un 8, magari a un ipotetico 7.75 sì, ma mi sento leggermente contrario alle votazioni e se lo faccio è per dare un valore indicativo a voi lettori. Quindi il numero prendetelo con le pinze, ma sappiate che Predestination lo reputo come il miglior film di fantascienza uscito quest anno e ovviamente non finirò mai di consigliarlo.



 un'inquadratura della sala per la selezione delle ragazze che andranno in missione spaziale


Ethan Hawke ripreso di spalle


 una delle scene di colloquio


Ethan Hawke/Sarah Snooke dopo l'intervento chirurgico











 Oscar Isaac si interroga sulla propria umanità


 Domhnall Gleeson e Sonova Mizuno nella scena del ballo


 Oscar Isaac e Domhnall Gleeson in uno dei corridoi della casa


Alicia Vikander di fronte ad una delle maschere 










 T-800 sforza un sorriso


 Una delle scene di combattimento tra il nuovo prototipo di terminator e il T-800


Emilia Clarke sul van in fuga da un robot



la scena dello scuolabus



























giovedì 9 luglio 2015

Mini Recensione Saint Seya - La Leggenda Del Grande Tempio

VOTO: 4.5/10

Con mini recensioni intendo riproporre al lettore ciò che era presente sul mio vecchio blog, ormai chiuso, ma comunque ricco di vari pareri cinematografici dei quali voglio rendervi partecipi



TRAILER:

Anno: 2014

Genere: animazione

Durata: 1h33m

Regia: Keiichi Sato

COMMENTO:
Film di forte impatto visivo che lo rende godibile a chiunque si avvicini per la prima volta all'universo de "I Cavalieri Dello Zodiaco". Invece chi come me è sempre stato un fan della serie non può che detestare una pellicola del genere che stravolge completamente la trama della prima serie e sbaglia in modo squallido la caratterizzazione dei personaggi, rendendoli in certi punti noiosi se non ridicoli. Film dunque sufficiente (salvato dalla tecnica di animazione) se preso come un prodotto a sé stante, ma estremamente deludente se rapportato all'intera opera manga/anime