lunedì 29 giugno 2015

Recensione I Origins

VOTO: 8.5/10



Quando la religione fa scienza





TRAILER:


Anno:
2014

Genere: Fantascienza

Durata:
1h56m

Regia:

Cast:

Questa sera ho intenzione di pubblicare il primo consiglio di questo blog, rifacendomi della disastrosa esperienza del precedente post (distruggere un film non è proprio un bel modo di iniziare). Dunque eccomi qua a distanza di poco più di una settimana con la mia recensione di I Origins. Partiamo subito dalla trama, rigorosamente senza spoiler. La storia è incentrata sulle vicende di Ian Grey, un dottore che cerca di risalire all'origine di tutte le specie viventi attraverso lo studio dell'occhio, la sua "ossessione", che lo porta a fotografarne molti per hobby, come afferma anche nel film, e ad incontrare Sofi ad una festa di Halloween. Lei è una bellissima donna e lo scienziato se ne innamora perdutamente, soprattutto per i suoi particolari occhi chiri, e dopo alcune scene la incontra nuovamente in un treno, dopo vari e misteriosi segnali che spingono da lei il protagonista. I due intraprendono una storia insieme benché abbiano opinioni contrastanti della vita e della religione: ateo convinto di poter dimostrare l'inesistenza di Dio lui, animista e sognatrice lei. Ma la vita di Ian viene sconvolta da una serie di eventi che lo portano a sposare la sua assistente e a dimenticare, almeno per una parte della pellicola, Sofi. Però le ricerche del dottore danno i loro frutti e si sviluppa la scansione biometrica dell'iride: un processo di identificazione delle persone attraverso i loro occhi, che porterà grande fama allo scienziato, ma allo stesso tempo capovolgerà la sua vita e le sue credenze e che infine lo indurrà a compiere un viaggio in India per risolvere i dubbi che lo assalgono quando un problema si manifesta al momento dell'inserimento dei dati del figlio all'interno del database del programma di scansione oculare.
Vorrei essere più preciso nel raccontare la trama, ma cadrei nell'errore di svelare parti importanti della narrazione di una pellicola che credo che vada vista rimanendo al corrente delle minori informazioni possibili, donde evitare di ridurre la sorpresa e il mistero su cui fonda questo capolavoro.
Un punto di forza è proprio questo: non puoi sapere quello che accadrà nella scena seguente finché non l'hai guardata; il risultato? Una sensazione di stupore misto a tensione che raramente si trovano in lungometraggi di questo genere, a metà tra il drammatico e il fantascientifico. Oltre a questo si possono notare delle distinte interpretazioni e delle scelte dei personaggi impeccabili; sta di fatto che chiunque non può che non innamorarsi della bella Sofi e dei suoi occhi, che seppur ricostruiti al computer lasciano un segno indelebile in tutti gli spettatori.
Purtroppo però il film soffre pure delle sue pecche, non molte, ma presenti per tutta la sua durata. Ovviamente anche un occhio poco attento noterà i movimenti di macchina traballanti, che fanno pensare quasi ad una forma di parkinson ai danni del regista, che si possono notare pure in un altra sua opera: Another Earth. Quindi mi chiedo, dubbioso di queste scelte registiche che si ripetono; malattia o incompetenza? Trascurando ciò per non avventarmi eccessivamente sulla cinepresa e sui tasti del mio povero computer ho notato nella trama delle piccole falle, per esempio nella scena della masturbazione, a mio parere completamente fuori luogo, e nella scansione delle scene stesse: il ritmo per questo risulta estremamente lento (non noioso attenzione, solamente lento) e con dei tempi che magari inducono lo spettatore a smettere di guardarlo già dall'interminabile sequenza iniziale.
Ma nessun timore: arrivati alla conclusione direte che ne è valsa la pena e forse vi sarà pure scesa una lacrima per le forti emozioni datevi da una trama a dir poco geniale, mai vista prima d'ora e che vi porterà a guardarlo e riguardarlo fino allo sfinimento e magari, anche attraverso questa recensione (viva la modestia), a farne un cult del cinema.





gli occhi di Sofi


Sofi/ Astrid Berges-Frisbey


Michael Pitt e Brit Marling


Il pavone bianco, uno dei simboli dell'intero film



P.S. Ai più coraggiosi consiglio di vedere anche la scena che segue i titoli di coda




























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